SIAMO TUTTI PAESI IN VIA DI SVILUPPO. SOSTENIBILE
Sviluppo sostenibile: a che punto siamo in Italia? Indietro, secondo il rapporto AVSIS, che fa il punto della situazione avanza proposte
Questo articolo è tratto dal n. 1/2017 di VDossier, dove è stato pubblicato con il titolo “Parte anche in Italia la sfida della sostenibilità con 17 obiettivi per il 2030”
«L’Italia è un Paese in via di sviluppo sostenibile». Enrico Giovannini, economista e portavoce dell’ASviS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile), è arrivato subito al cuore del problema con la forza della semplicità: «Quando si parla di sviluppo sostenibile, le persone pensano subito alle questioni ambientali, senza comprendere che capitale umano, naturale, sociale e crescita economica sono aspetti dello stesso processo. Ecco perché lo sviluppo sostenibile interessa tutti gli abitanti del Pianeta».
Il nemico sono le diseguaglianze
Un messaggio con il quale l’ex ministro del Lavoro e delle politiche sociali, nonché ex presidente dell’Istat, ha aperto a Napoli il primo Festival itinerante dedicato a questi temi in Italia. Una kermesse che si è snodata lungo le principali città della Penisola (da Bari a
Milano, passando per Roma), a cavallo di maggio e giugno di un 2017 che ha segnato nelle
attese degli organizzatori lo spartiacque fra un prima e un dopo per la sfida della sostenibilità, una partita in cui sono stati chiamati a scendere in campo anche i sei
milioni di volontari attivi in Italia a cui è stato affidato un compito di
promozione e sostegno.
Il Festival ha avuto in calendario più di duecento eventi e un solo traguardo: sensibilizzare l’opinione pubblica, i leader politici, il mondo accademico, quello imprenditoriale e la società civile sugli Obiettivi Onu contenuti nell’Agenda 2030. Perché, ha rimarcato Giovannini, le diseguaglianze sono il nemico da sconfiggere e nessuno deve essere lasciato indietro: «Rallentano la crescita e creano squilibri. I quali, se lasciati a loro stessi, aumenteranno sempre di più. E su queste diseguaglianze si inseriranno le variazioni climatiche, aggravandole». Non a caso: «Sappiamo già che in sei anni (dal 2008 al 2014), 157 milioni di migranti hanno dovuto lasciare le proprie case per colpa del surriscaldamento del Pianeta, a sua volta provocato da un dissennato sistema produttivo e
di consumi, che oggi mostra tutti i suoi limiti».
17 obiettivi per dare valore al futuro
Eppure al fondo della missione di ASviS c’è la risposta a una domanda: di cosa trattiamo quando parliamo di sviluppo sostenibile e di traguardi condivisi a livello globale?
Alla base dell’accordo firmato nel settembre 2015 dai 193 Paesi Onu, c’è una convinzione: la crescita economica, lo sviluppo umano e sociale, l’innovazione applicata alla tutela dell’ambiente e alla lotta al cambiamento climatico saranno questioni da affrontare in maniera solidale; sia con un approccio trasversale e multidisciplinare entro i confini nazionali; sia con strategie di lungo respiro e ampio raggio, il tutto in vista della scadenza concordata: il 2030.
E un elenco di 17 obiettivi – in inglese Sustainable Development Goals (SDGs), suddivisi in 169 target e 240 indicatori – da raggiungere nei prossimi tredici
anni – «per dare un futuro alla vita e valore al futuro», come recita lo slogan di ASviS, superando la netta separazione tra Stati avanzati e quelli in via di sviluppo. Si va dall’acqua pulita per tutti a un lavoro dignitoso, dalla realizzazione di nuovi modelli duraturi di produzione e consumo alla tutela dei mari, dal contrasto al cambiamento
climatico alle città con trasporti sostenibili. E ancora: dalla lotta alla povertà a una buona istruzione e sanità, dalla progettazione di comunità alla riduzione delle diseguaglianze, economiche ma anche di genere, fino alla promozione della pace e della giustizia del mondo.
L’Italia è indietro
Se è vero che «nessuno deve essere lasciato indietro», è altrettanto vero che in Italia, come in altri Paesi, occorre imprimere un’accelerazione affinché questi 17 obiettivi comincino a muovere i primi passi lungo la strada che dalle parole porta ai fatti.
Per questo motivo, Giovannini ha ribadito che nel nostro Paese è quanto mai necessario incorporare il principio di “sviluppo sostenibile” nel testo della Costituzione; trasformare il Cipe da “Comitato interministeriale per la programmazione economica” in “Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile”; assicurare all’Agenda 2030 un’attenzione sistematica da parte del Parlamento.
Proposte contenute nel rapporto ASviS dal titolo “L’Italia e gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile” già illustrato da Giovannini alla Camera dei Deputati. Un’analisi in base alla quale la nostra Penisola «dimostra di essere ancora molto lontana dal percorso di sostenibilità delineato dall’Agenda 2030 e dagli impegni sottoscritti all’Onu».
Il portavoce di ASviS ha disegnato un cono d’ombra che si allunga sul nostro Paese: oltre 4,5 milioni di poveri assoluti; tasso di occupazione femminile inferiore al 50%; oltre 2 milioni di “Neet”, giovani che non studiano e non lavorano; investimenti in ricerca e sviluppo di poco superiori all’1% del Pil; tassi di abbandono scolastico del 27,3% per i figli di genitori meno istruiti a fronte del 2,7% per i figli di genitori in possesso di laurea; un rapporto tra ricchi e poveri tra i più squilibrati dell’area Ocse.
Inoltre: disuguaglianze di genere e violenza sulle donne, degrado ambientale, 36% di persone che vive in zone ad alto rischio sismico, alta mortalità a causa dell’inquinamento atmosferico nei centri urbani e con una transizione troppo lenta alle fonti rinnovabili rispetto agli accordi di Parigi. L’Italia dimostra di essere ancora molto lontana dal percorso di sostenibilità delineato dall’Agenda 2030 e dagli impegni sottoscritti all’Onu.
Le proposte per una strategia
Eppure sappiamo di non avere alternative per garantire un futuro al Paese. Nel rilevare come «con l’adozione dell’Agenda 2030 e dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile è stato espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo e si è superata l’idea che la sostenibilità riguardi solo l’ambiente», Giovannini ha osservato che, al contrario, lo sviluppo sostenibile richiede l’adozione di una logica integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo: economica, sociale, ambientale e istituzionale.
«Non c’è tempo da perdere. Per questo è quanto mai urgente la definizione di una Strategia di sviluppo sostenibile che guidi le scelte di tutti gli operatori economici e sociali e l’adozione di immediati provvedimenti da inserire nella prossima legge di bilancio. Con spirito di servizio verso l’intero Paese, l’ASviS, che riunisce quasi 130 organizzazioni
della società civile, offre alla politica italiana un insieme concreto di proposte per fare dello sviluppo sostenibile il paradigma di riferimento del nostro Paese. E, vista l’ampiezza dei temi dell’Agenda 2030, spetta al presidente del Consiglio assumere un ruolo di guida
nell’attuazione della strategia alla cui preparazione sta lavorando il Governo, in particolare il ministero dell’Ambiente».
ASviS propone, inoltre, di coinvolgere la Conferenza Unificata per valutare le responsabilità delle Regioni e dei Comuni rispetto alle materie dell’Agenda 2030 e di creare un Comitato consultivo sulle politiche per lo sviluppo sostenibile a cui partecipino esperti nelle varie materie e rappresentanti delle parti sociali e della società civile, come avviene in Francia e Germania.
ASviS chiede anche che il Governo, tramite un rapporto annuale, valuti il percorso dell’Italia verso gli Obiettivi dell’Agenda 2030 e che promuova una campagna informativa e un programma nazionale di educazione allo sviluppo sostenibile.
Le proposte per le politiche
Rispetto invece alle politiche, articolate in sette diverse aree, il Rapporto ha formulato numerose proposte. E se sul fronte del cambiamento climatico ed energia restano prioritarie la ratifica dell’Accordo di Parigi e la definizione della Strategia Energetica nazionale, ASviS chiede anche, tra le altre cose, un Piano nazionale di lotta alla povertà; un piano di incentivazione fiscale che incoraggi il pieno uso delle materie prime, visto il ritardo esistente in questo campo rispetto ad altri Paesi; l’avvio di un programma di “lifelong learning”, assente nel nostro Paese; la rapida approvazione della legge sul consumo di suolo; il rispetto degli impegni internazionalmente assunti con riferimento
all’aiuto pubblico allo sviluppo realizzando un graduale ma costante aumento di risorse stabilito con l’ultima Legge di Stabilità».
Infine, a più di un anno dalla firma dell’Agenda 2030, anche il nostro Paese comincia ad avere gli indicatori sullo sviluppo sostenibile per l’Italia. Si legge sul sito di ASviS che «ad integrazione del set di 95 indicatori italiani diffusi a dicembre 2016, relativi a 66 dei 241 indicatori scelti dall’Inter-Agency Expert Group delle Nazioni Unite, l’Istat ha reso noti, lo scorso 23 maggio, una seconda lista di indicatori relativa alla misurazione degli SDGs».
Europa: un libro troppo bianco
Non solo l’Italia, per Giovannini un ruolo chiave deve giocarlo anche l’Unione europea, che lo scorso 25 marzo ha celebrato i sessant’anni dai Trattati di Roma, pietra angolare per la costruzione dell’Europa unita. Un anniversario sancito anche dal “Libro bianco sul futuro
dell’Unione” presentato il 1° marzo dal presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. «Un Libro un po’ troppo bianco che, anziché far immaginare un possibile
futuro, sembra piuttosto presagire il rischio di una dissoluzione dell’Europa», hasottolineato in più occasioni il portavoce dell’ASviS: «Anche se gli interessi nazionali sono sempre stati forti, per un futuro davvero sostenibile è il momento di andare oltre.
Serve il coraggio di un approccio che però nelle cinque opzioni proposte da Juncker non si vede. Sulle grandi questioni europee la Commissione non fa altro che rilanciare la palla ai singoli Paesi membri».
Oggi più di ieri, l’Ue avrebbe quanto mai bisogno di uno scatto in avanti, essendo questa una fase di crisi dell’Unione, con lo spettro della Brexit che da Oltremanica serpeggia anche nel resto del Continente: «È necessario fare politiche che rispondano ai reali bisogni
dei cittadini e rilanciare la Ue magari in un senso più federale. Con prospettive sociali che ne facciano una sorta di guida mondiale dello sviluppo sostenibile, nell’ottica del benessere e non soltanto del mercato», ha aggiunto ancora Giovannini.
L’economia circolare
Dopotutto «un modello economico fondato sulla vecchia logica di mercato e di profitto è in parte valso finché ad adottarlo sono state poche centinaia di milioni di persone».
Ma in un mondo globale, che tra pochi anni conterà nove miliardi di persone «servirebbero cinque pianeti per sostenerlo». Di conseguenza, secondo l’economista, «il futuro non può che essere nell’ottica di un nuovo modello basato sull’economia circolare».
Prospettiva che la Commissione ha anche abbracciato, prevedendo che gli investimenti debbano andare proprio verso un’economia circolare e verso l’efficienza energetica. Inoltre il programma Horizon 2020 da 80 miliardi potrebbe essere orientato ancora di più verso lo sviluppo sostenibile. Eppure, ha fatto notare Giovannini, tutto questo è già scritto nella seconda enciclica di papa Francesco “Laudato sì. Sulla cura della casa comune”, che sui temi del benessere equo e sostenibile è molto chiara. Se si accetta la logica dello scarto, non solo si inonda il pianeta di scarti fisici, ma soprattutto di scarti umani, come i disoccupati e i poveri. È questo il dramma del modello di sviluppo che abbiamo creato. Convinti che la crescita economica a qualsiasi costo avrebbe di per sé risolto tutti i problemi».
Da Bruxelles però potrebbe arrivare una nuova mega multa sull’Italia: «Più di un miliardo di euro perché non tagliamo le emissioni di particolato nelle città. Tuttavia non mi dispiace un’Europa che obbliga il governo del mio Paese a prendersi cura della salute dei cittadini. E come Giovannini ha dichiarato in un’intervista al quotidiano “Avvenire”: «È da qui che nascono le grandi opportunità per progettare un futuro sostenibile. Nel momento in cui gli Usa si ritirano e la Cina sta invece investendo con decisione in tutela ambientale, perché non immaginare un progetto per attirare in Europa i migliori esperti e ricercatori delle tecnologie contro il cambiamento climatico? L’Europa dovrebbe diventare il grande laboratorio mondiale di innovazione per lo sviluppo sostenibile».
Lo sviluppo sostenibile è sociale
Dal canto suo il presidente di AsviS, Pierluigi Stefanini, sempre in occasione del Festival promosso dall’Alleanza, ha sottolineato che «con l’Approvazione dell’Agenda Globale 2030 tutti i Paesi del mondo dovranno valutare il proprio “stato di salute” attraverso una serie
di parametri, obiettivi e target interconnessi, che contemplano aspetti economici, sociali, giuridici, umani, tecnologici. Raggiungere i 17 Obiettivi è un impegno e un’ambizione per tutti i Paesi che, consapevoli dei rischi connessi a uno sviluppo non più sostenibile, dovranno mettere in atto un cambiamento capace di garantire il futuro della generazione attuale e di quelle che verranno».
«Sottoscrivendo l’Agenda Globale 2030 – ha osservato Giovannini, l’Italia ha scelto un futuro fatto di sviluppo economico che rispetti i limiti ambientali e sia, al contempo, in grado di assicurare educazione per tutti e benessere psico-fisico a tutte le età, di ridurre nettamente le disuguaglianze tra ricchi e poveri, di eliminare le discriminazioni
e la violenza contro le donne, di piena occupazione e di elevata qualità dell’ambiente».
«Gli obiettivi che l’Italia si è impegnata a raggiungere disegnano, finalmente, un concetto dello sviluppo sostenibile che travalica la dimensione puramente ambientale, alla quale è stato, per troppo tempo, erroneamente ridotto», ha concluso.
Per questo «la sfida è ancora maggiore e a tutti viene chiesto di contribuire per migliorare la qualità della vita e ridurre la vulnerabilità del nostro Paese ai futuri shock che scienziati, economisti, sociologi indicano come probabili. Da questo punto di vista, siamo tutti Paesi in via di sviluppo sostenibile»
Scritto da: Paolo Marelli
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